Wednesday, 20 February 2013
Wednesday, 13 February 2013
Certo che a volte son proprio figo
Adesso non so più come ci sono arrivato, ma mi serviva un diavolo.
Per la mia storia, intendo.
Mi occorreva una figura della mitologia animista Yoruba che potesse prendere il ruolo del diavolo.
In aassenza di biblioteche consultabili, ho dovuto fare affidamento su Internet.
La religione Yoruba non sembra avere un corrispettivo del Diavolo della tradizione giudaico cristiana.
La cosa che sembra andargli più vicino è Esu, che però sembra avere anche gli elementi del trickster
Una leggenda racconta di come attraversò un villaggio pitturato metà nero da un lato e metà bianco dall'altro, innescando così una faida tra gli abitanti delle parti opposte della strada, convinti da ogni lato di aver visto lo spirito nel suo unico colore.
Per me va benissimo (per sicurezza comunque gli metto in bocca le parole "Io non sono il DIAVOLO.")
La natura burlona di questo spirito (o Dio) Yoruba mi permette di associarlo ad una altro personaggio, IRKU il che funziona bene.
Perché mi sento figo?
Perché grazie a Eclettica di Giulio Caperdoni, che ne fa ascoltare degli estratti, scopro che ad Esu fa riferimento anche City of God, film che ha non pochi punti di contatto con il mio fumetto (e che adesso mi tocca a guardare per intero, dato che ne ho vista solo l'ultima mezz'ora).
E ne fa riferimento proprio come ad un diavolo per una scena di iniziazione che rischia di ricordare molto una sequenza del mio fumetto.
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Thursday, 7 February 2013
5 (somewhat) good things JJ Abrams could do with the new SW movies (and probabiy won't)
1) Start Fresh
And I mean: leave the originals alone. Start a new story with new characters.
Get rid of the continuity and of the throwbacks at the beginning of the new film and make tabula rasa of everything, at least plotwise (of course there should be the Force, Jedi knights, spacecrafts and battle scenes)
The original trilogy is one of the most-beloved series of films. The audience has become very precious about the originals (to the point that many now disregard the constantly-enhanced Special Editions as a travesty). Besides, a lot of people are already concerned about the possibility of seeing the old cast members returning in their roles (they have not aged all that well and I presume a lot of the members of the audience do not want to be confronted with the fact that they have aged too).
Still, Disney did not buy SW to make something NEW out of it, but rather to take advantage of its established popularity: meaning they want to cash in to recognizable characters and situations (they have just announced their intentions about stand-alone movies about Yoda and Han Solo).
When Abrams took the helmet of Star Trek, his mission was clear: revamp the franchise, using all the elements the large majority of the audience knew about it: the Enterprise, Spock, Kirk etc.
Disney announced they are going to make Episode VII, therefore I believe that it will somehow tie in closely with the previous episodes.
It is possible that the prequels and its characters will be less referenced too, since they are not as popular.
I really hope Abrams won't fall in to the temptation of trying to redeem the prequels by picking up storylines or elements and making them cool. The prequels are broken beyond repair.
2) Cast actors he worked with before.
Who wouldn't like to see John Noble or Terry O'Quinn as Jedi? Or Josh Halloway as a space pirate? Or Michael Emerson as a baddie?
Casting decisions are maybe less troublesome for this picture than for other blockbusters. I guess that the SW brand and Abram's name are enough to generate legitimacy. The movie is very likely to be a success whoever they will cast, as long as the choices aren't terribly wrong.
But I cannot help thinking that with Lost, Fringe and other stuff, J J Abrams came across a lot of talented actors who can really deliver. That is, of course, If they have a good script. Which leads to the next entry:
3) Ask Friends
Abrams worked/is friends with a lot of people who could serve as good script doctors or at least could throw in some nice advice: Steven Spielberg, Quentin Tarantino, Kevin Smith (check out this Dinner for Five), Simon Pegg, damn, even Damon Lindelof (yes, the man who according to most has screwed-up the Alien franchise) and his Lost writing partner Carlton Cuse. These are all people that may have some interesting insights about what made Star Wars good.
Michael Arndt and Lawrence Kasdan (both fine writers) are also being involved in the SW revamp, but it is not clear what their contribution will be. However J J Abrams is an accomplished storyteller. As long as he cares, I'm confident this could turn out good.
4) No 3D
Of all I've written, this seems the most unlikely to happen. Unless 3D becomes "uncool" or turns in a gigantic boomerang in two years time, I guess Disney will follow the trend and shoot this m*********er in 3D.
Storywise this shouldn't matter much, and as long as I can choose to see it in 2D, that's fine.
It's true though that 3D may push a director to choose camera angles more based on their "roller coaster ride" quotient, rather than their effectiveness on a dramatic/storytelling level.
5) Have John Williams write the score
Just kidding.
I mean, Williams is the best and should write it, but I'll love to hear a Michael Giacchino SW score.
Wednesday, 6 February 2013
Parliamo di tecnica
Il problema quando si scrive una sceneggiatura a fumetti è sapere come tradurre un plot o una situazione in una sequenza di immagini fisse (con l'aggiunta o meno del dialogo).
E un'arte invisibile.
Quando il "decoupage", lo "smontaggio" di un'azione o di una sequenza è fatto bene, non si nota e si lascia leggere che è un piacere. Quando è fatto male la lettura diventa difficile e si é quasi tentati di mettere giù il fumetto.
Quando ci si cimenta in un soggetto per una storia lunga, si finisce per riagionare da scrittore di prosa. Si pensa alla struttura, ai personaggi, si lavora sul lungo termine, salvo poi impazzire cercando ci capire come "far stare" le proprie idee in un numero limitato di pagine o vignette (seppure il fumetto possieda una grandissima capacità di sintesi).
Per questo motivo sarebbe cosa buona fare rodaggio su storie brevi, in modo che ci si possa concentrare su ogni dettaglio che contribuisce al racconto senza perdere la visione d'insieme, proprio in virtù delle ridotte dimensioni narrative
È essenziale imparare a ragionare per immagini.
Tempo fa ho partecipato a un workshop con Serge, che aveva escogitato (o ricopiato da qualcuno) un esercizio formidabile. Bisognava prendere un foglio, piegarlo in 8 e disegnare all'interno dei riquadri creati dalle piegature la propria giornata fino a quel momento. In questo modo, senza doversi preoccupare del soggetto, si cominciava a riagionare per immagini.
Ok, oggi, mi sono svegliato, ho fatto colazione, mi sono vestito, etc.
Si imparano due cose importanti in questo modo:
1) a scegliere un'immagine che ben racconta il momento. L'atto di svegliarsi è bene illustrato da una sveglia che suona o da una persona seduta sul letto che si stiracchia, mentre non lo è da un disegno di una persona nel letto semplicemente con gli occhi aperti.
2) Gli otto riquadri devono riflettere il tempo in qualche modo, e se la mia giornata l'ho passata principalmente in ufficio, ad esempio, devo essere in grado di trovare più vignette che raccontino la mia giornata in ufficio (anche se monotona). Insomma si impara a gestire il tempo.
La seconda parte dell'esercizio era ancora più interessante, bisognava scegliere due vignette consecutive tra quelle disegnate e su un nuovo foglio piegato in otto, disegnare cosa è avventuo TRA QUELLE DUE VIGNETTE. Così che oltre a imparare a gestire il tempo si comincia a ragionare su come gli eventi sono strutturati. Cause ed effetti. Come si può enfatizzare il dettaglio e la sfumatura. Allo stesso modo si capisce quando certe vignette sono inutili.
L'esercizio potrebbe procedere quasi all'infinito, arrivando a spezzettare in otto vignette azioni molto ravvicinate tra loro (quasi come se si facesse animazione).
Non solo: partendo dalle immagini create nel proprio esercizio si possono fare degli esperimenti, giustapponendo liberamente i disegni. Si scopre allora che l'aggiunta o meno di un dettaglio può fare l'assoluta differenza: suggerire pathos oppure produrre effetti comici per sottrazione.
Sono reduce dall rilettura di una sceneggiatura (piuttosto lunga) di un intero capitolo per un nuovo fumetto e mi sono accordo di aver scritto intere scene SENZA fare questi ragionamenti, ma piuttosto scrivendo il dialogo per poi spezzettarlo in diverse vignette. Anche ammettendo di essere dei bravi dialoghisti (e io non lo sono), non è il modo di procedere.
Certo, se sei Bendis te lo puoi permettere e cavartela comunque (si veda il suo Jinx), na bisognerebbe fare il decoupage prima, come se il fumetto fosse muto.
Il dialogo deve adattarsi alla sequenza come un guanto, punteggiare, ritmare la narrazione, ma non dominarla.
Anche quando la qualità del dialogo fa la differenza, il fumetto non è prosa con dei disegni messi lì a sostituire le parti descrittive tra i dialoghi (o, per usare un espressione che ho imparato da Umberto Eco, "l'istanza
dell'enunciazione").
Il fumetto è piuttosto narrazione visiva che si avvantaggia dell'uso dei testi per creare effetti drammatici.
Ovviamente questo non è un incoraggiamento a scrivere dialoghi poco memorabili.
Uno dei motivi per cui i fumetti sono stati spesso bistrattati è stata la mancanza di ambizione letteraria nel medium. Quando ben scritti (penso ad esempio a Moore e Gaiman) alcuni brani di dialogo o didascalia sono come grandi monologhi teatrali, o brani di musica per il cinema: capaci di sopravvivere benissimo al di fuori del loro contesto di origine.
Ma la scrittura del fumetto deve partire dalle immagini.
E un'arte invisibile.
Quando il "decoupage", lo "smontaggio" di un'azione o di una sequenza è fatto bene, non si nota e si lascia leggere che è un piacere. Quando è fatto male la lettura diventa difficile e si é quasi tentati di mettere giù il fumetto.
Quando ci si cimenta in un soggetto per una storia lunga, si finisce per riagionare da scrittore di prosa. Si pensa alla struttura, ai personaggi, si lavora sul lungo termine, salvo poi impazzire cercando ci capire come "far stare" le proprie idee in un numero limitato di pagine o vignette (seppure il fumetto possieda una grandissima capacità di sintesi).
Per questo motivo sarebbe cosa buona fare rodaggio su storie brevi, in modo che ci si possa concentrare su ogni dettaglio che contribuisce al racconto senza perdere la visione d'insieme, proprio in virtù delle ridotte dimensioni narrative
È essenziale imparare a ragionare per immagini.
Tempo fa ho partecipato a un workshop con Serge, che aveva escogitato (o ricopiato da qualcuno) un esercizio formidabile. Bisognava prendere un foglio, piegarlo in 8 e disegnare all'interno dei riquadri creati dalle piegature la propria giornata fino a quel momento. In questo modo, senza doversi preoccupare del soggetto, si cominciava a riagionare per immagini.
Ok, oggi, mi sono svegliato, ho fatto colazione, mi sono vestito, etc.
Si imparano due cose importanti in questo modo:
1) a scegliere un'immagine che ben racconta il momento. L'atto di svegliarsi è bene illustrato da una sveglia che suona o da una persona seduta sul letto che si stiracchia, mentre non lo è da un disegno di una persona nel letto semplicemente con gli occhi aperti.
2) Gli otto riquadri devono riflettere il tempo in qualche modo, e se la mia giornata l'ho passata principalmente in ufficio, ad esempio, devo essere in grado di trovare più vignette che raccontino la mia giornata in ufficio (anche se monotona). Insomma si impara a gestire il tempo.
La seconda parte dell'esercizio era ancora più interessante, bisognava scegliere due vignette consecutive tra quelle disegnate e su un nuovo foglio piegato in otto, disegnare cosa è avventuo TRA QUELLE DUE VIGNETTE. Così che oltre a imparare a gestire il tempo si comincia a ragionare su come gli eventi sono strutturati. Cause ed effetti. Come si può enfatizzare il dettaglio e la sfumatura. Allo stesso modo si capisce quando certe vignette sono inutili.
L'esercizio potrebbe procedere quasi all'infinito, arrivando a spezzettare in otto vignette azioni molto ravvicinate tra loro (quasi come se si facesse animazione).
Non solo: partendo dalle immagini create nel proprio esercizio si possono fare degli esperimenti, giustapponendo liberamente i disegni. Si scopre allora che l'aggiunta o meno di un dettaglio può fare l'assoluta differenza: suggerire pathos oppure produrre effetti comici per sottrazione.
Sono reduce dall rilettura di una sceneggiatura (piuttosto lunga) di un intero capitolo per un nuovo fumetto e mi sono accordo di aver scritto intere scene SENZA fare questi ragionamenti, ma piuttosto scrivendo il dialogo per poi spezzettarlo in diverse vignette. Anche ammettendo di essere dei bravi dialoghisti (e io non lo sono), non è il modo di procedere.
Certo, se sei Bendis te lo puoi permettere e cavartela comunque (si veda il suo Jinx), na bisognerebbe fare il decoupage prima, come se il fumetto fosse muto.
Il dialogo deve adattarsi alla sequenza come un guanto, punteggiare, ritmare la narrazione, ma non dominarla.
Anche quando la qualità del dialogo fa la differenza, il fumetto non è prosa con dei disegni messi lì a sostituire le parti descrittive tra i dialoghi (o, per usare un espressione che ho imparato da Umberto Eco, "l'istanza
dell'enunciazione").
Il fumetto è piuttosto narrazione visiva che si avvantaggia dell'uso dei testi per creare effetti drammatici.
Ovviamente questo non è un incoraggiamento a scrivere dialoghi poco memorabili.
Uno dei motivi per cui i fumetti sono stati spesso bistrattati è stata la mancanza di ambizione letteraria nel medium. Quando ben scritti (penso ad esempio a Moore e Gaiman) alcuni brani di dialogo o didascalia sono come grandi monologhi teatrali, o brani di musica per il cinema: capaci di sopravvivere benissimo al di fuori del loro contesto di origine.
Ma la scrittura del fumetto deve partire dalle immagini.
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Tuesday, 5 February 2013
Sigà Sigà (Parte boh)
Non so ancora che titolo avrà questa assurda storia (che sarebbe meglio chiamare sequenza, dato che la trama è un filino esile), ma intanto il professore, l'iguana e il lupo mannaro continuano a cadere, ora sotto il livello del mare.
Le ultime due pagine le ho davvero tirate via, mi spiace un po' perché si perdono gli omaggi spielberghiani (1941 e I Predatori) ma chi si ferma è come l'Arca: perduto.
Anche l'altro progetto procede (ancora più lentamente, se possibile). Ho un sacco di idee per la testa, vorrei scrivere un sacco di cose, ho un sacco di film da vedere, persone da chiamare, fumetti da leggere.
Fin'ora l'unica tecnica che ho scoperto funzionare, alemno per me, è la stessa che uso per riordinare e pulire la casa (Leen riderà se legge queste righe: quando mai riordini e pulisci tu? Dettagli...)
La tecnica è cominciare da qualche parte, una qualsiasi, e procedere facendo ciò che serve di volta in volta. Senza strategia, sneza cercare di organizzare il lavoro in modo efficente, senza anticipare ciò che può succedere, magari procedendo pure a rilento, ma senza fermarsi.
Probabilmente queste frasi non vi dicono nulla. Ma vedete, anche aggiornare il blog è uno dei miei buoni propositi e se aspetto di avere il tempo per scrivere bene finisce che non faccio più nulla.
Per ora beccatevi questo. La bella prosa seguirà.
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