Un po’ perché di cose da dire ne avrei, un po’ perché scrivere è una disciplina pari a quelle sportive e senza allenamento non si migliora, scrivo un post.
Invece di tediarvi con resoconti noiosetti sui miei viaggi, ho deciso di tediarvi con un editorialetto.
Ho letto recentemente che negli Stati Uniti un gruppo di consumatori ha vinto una causa contro la Danone perché reputano ingannevole la pubblicità che decanta i vantaggi dell’Actimel o dell’Activia per il sistema immunitario o l’apparato digerente.
Notizie di questo genere sembrano sempre e solo arrivare dagli Stati Uniti. Forse laggiù le associazioni dei consumatori sono più forti, o forse noi Europei cauuse del genere nemmeno le intentiamo perché ci piace pensare di essere sufficientemente smaliziati da non credere alla pubblicità.
Solo un Americano può incazzarsi perché una pubblicità mente; un Francese, un Tedesco o un Italiano no.
È davvero così semplice? Se fosse vero le pubblicità in Europa sarebbero molto diverse da quelle d’oltreoceano, eppure non è il caso.
Ma non è sulle differenze congenite (se ne esistono) tra le popolazioni ai due lati dell’Atlantico che voglio parlare, ma della retorica negli spot e altri mezzi di comunicazione. Sono certo che esistono numerosi saggi e libri al riguardo, anche di stampo divulgativo, ma sono troppo pigro per ricercarli ora. Tuttalpiù fatelo da voi e mandatemi commenti.
Voglio solo condividere alcune riflessioni.
La prima volta che ho cominciato a rifletterci è stato forse 15 anni fa: il mio caro amico Cesare mi raccontò che un suo (illuminato, aggiungerei io) professore fece notare alla classe come la quasi totalità degli Spot televisivi facesse uso di immagini (implicitamente, esplicitamente o subliminalmente) sessuali.
Alle volte è chiaramente una bella ragazza in abiti succinti la cui espressione sotto la doccia è chiaramente quella della goduria, alle volte sono immagini dissimulate: simboli fallici, penetrazioni di oggetti e altre amenità. Non sono più riuscito a guardare una pubblicità di un gelato allo stesso modo.
Per un po’ è stato un sport divertente, "trova il messaggio subliminale", poi mi sono reso conto che si vinceva facile. Tutta la pubblicità (e non solo quella) funziona con questo stratagemma.
Mi sono anche reso conto che la pubblicità non titilla solo la libido, ma ricorre comunque ad archetipi ben definiti e conosciuti. Tra i più comuni c’è il paradigma di Cenerentola e della Fata Madrina: ana donna/mamma/ragazza, ha un problema di capelli grigi/sporco/mestruazioni ed ecco arrivare la soluzione magica. Alle volte portata in mano da una vera e propria presenza magica (la donnina viola del Vanish, o l’uomo attraente del Dash che sbucano da non si sa dove). Con il loro prodotto miracoloso la protagonista passa dalla miseria alla felicità (lo stesso paradigma è usato in decine di format).
Ci sono anche altri archetipi. Se avete dimestichezza coi miti o le favole (o con Jung) li scoverete da soli facilmente.
Ovviamente alcune campagne pubblicitarie sfuggono queste classificazioni. Ci sono quelle tutte buttate sul prezzo e sui soldi, altre rivolte ad esempio un pubblico di più elevata scolarizzazione (di solito per vendere beni di lusso) e pensati per chi guarda la TV molto selettivamente.
Mi ricordo una bellissima pubblicità Mercedes-Benz dove un automobile ferma su un palco di qualche Teatro d’Opera, veniva illuminata e circondata da macchine scenotecniche in modo da dare l’illusione del movimento. Il tutto condito dalle note di qualche nota Ouverture.
Ovviamente era uno spot pensato per essere apprezzato da gente che quell’auto poteva anche permettersela. Ad ogni modo l’impatto visivo e sonoro era notevole.
Altre pubblicità d’auto, pensate per un pubblico più giovane, sono un profluvio di effetti speciali: le auto volano, diventano robot, vanno sott’acqua.
Se ci si ferma a pensare un istante si capisce che è assurdo. Perché convincermi a comprare un’auto mostrandomi quello che l’auto non sarà mai in grado di fare?
Proprio questo motivo la pubblicità è stata nel passato bersaglio di numerosi comici ma i tempi cambiano e oggi sembrerebbe persino stupido costruire delle stand-up routines attorno all’assurdità degli spot: lo sappiamo tutti che il profumo Axe non farà realmente cade le donne ai tuoi piedi (chissà se negli Stati Uniti non si possa fare causa).
Beppe Grillo (prima che diventasse quello di oggi), lo aveva riassunto molto bene anni fa parlando di Berlusconi e di come il suo personaggio e il suo linguaggio fossero "pura emotività" come quello delle pubblicità.
La cosa però che mi ha colpito dopo tutti questi anni di decostruzione è come la semplice consapevolezza delle tecniche retoriche utilizzate ha disinnescato la loro efficacia su di me (almeno credo).
Quando si comincia a spostare l’attenzione dal contenuto (che cosa vende questo spot) alla tecnica, ecco che tutto diventa miracolosamente chiaro. Certo, l’impatto emotivo resta. Uno spot ben costruito si imprimerà comunque nella mia mente così come un bel paio di tette su un cartellone pubblicitario continueranno a richiamare la mia attenzione, ma poi il cervello interviene e mette le cose al suo posto.
Come gli occhiali del film Essi vivono (di John Carpenter, 1988), grandiosa metafora dell’era reaganiana (che però non ha inventato né il consumismo né questo modo di comunicare, semmai li ha eretti a valori).
Basterebbe poco per rompere il giocattolo: educare le persone sin dall’adolescenza a "smontare" la comunicazione. Non servono mica lauree.
Se ricordo correttamente le lezioni di filosofia del professor Gargiulo tuttavia, armare le menti giovani contro le tecniche di persuasione e affinare il pensiero logico era già una preoccupazione di Socrate.
Non mi pare che siano stati fatti molti passi in avanti.
No comments:
Post a Comment