Friday 13 February 2009

Per amore, non tacerò.

Questo scriveva Don Peppino Diana, un sacerdote che avrei misconosciuto se non me lo avesse raccontato Saviano.

Non tacere.

Su Facebook ho avuto un contatto con Salvatore Borsellino, un uomo mite che sarebbe passato inosservato nella storia del nostro paese, non fosse stato imparentato con uno dei più grandi uomini della Storia Repubblicana, il giudice Paolo Borsellino.

Ho scoperto con sorpresa che Salvatore Borsellino ha avuto una reazione simile alla mia (moltiplicata per mille, ne sono certo) alla visione del documentario Excellent Cadavers - In un altro paese di Alexander Stille.

La morte di Paolo borsellino è stata la Nagasaki italiana.

Ma quando nel documentario si rivede la reazione della gente di fronte alla brutalità mafiosa e alla complicità dello Stato ci si commuove, ma si prova anche orgoglio: allora sapevamo indignarci con lo Stato, o meglio coi suoi rappresentanti che si presentavano ipocritamente (non tutti, per carità) ai funerali dei giudici.
Deve essere stato quel sentimento che ha fatto gridare al giovane Giuseppe Gatì a favore di Caselli e del Pool antimafia.

Ho scritto queste riche a Salvatore borsellino e sto lavornado ad una lettera da spedire alle redazioni di giornali stranieri (in verità più attenti alla situazione italiana di questo periodo di quanto non credessi).

Mi consola vedere che due miei amici che stimo molto, Fulvio e Alessandro stiano ultimamente facendosi le stesse domande e stiano risvegliando la stessa indignazione (che a noi Italiani, ci insegn Marco Paolini, dura meno dell'orgasmo).

"Caro Salvatore,
i suoi appelli recenti (che ho potuto ascoltare da internet, visto che risiedo all'estero) mi hanno colpito moltissimo.

Mi interesso da un po' di anni alla storia recente d'Italia e c'è da restare attoniti.

Sia perché sembra di assistere ad una saga criminale, sia perché sembra che il calice della sopportazione pare non colmarsi mai.

Quando, rivedendo le interviste e i filmati, ascolto le parole di suo fratello o di Giovanni Falcone, la loro grandissima dignità, il loro senso civico e del dovere, la loro intelligenza ed eroismo mi spingono sovente ad una sincera commozione.

Nei giorni passati stavo compilando una lettera che vorrei mandare alle redazioni dei giornali stranieri per sollevare l'attenzione della stampa estera, indipendente dai poteri politici italiani.

Tra le altre cose, in questa lettera parlo di Joseph Campbell, uno studioso americano di religioni e mitologia comparata.
Campbell definisce, dal punto divista antropologico e culturale, cosa è un'eroe.

Gli eroi sono figure che compiono un cammino particolare, apparentemente al di sopra delle proprie possibilità, al termine del quale, spesso tramite un sacrificio, guadagnano una ricompensa spirituale.

Alcuni di questi eroi poi non tengono quanto di guadagnato per se stessi, ma portano questa vittoria, questa illuminazione, al proprio popolo.

Per questo popoli diversi hanno eroi diversi. Per i popoli nomadi eroe è chi trovato una terra promessa dove insediarsi. Per gli schiavi eroe è chi, dopo aver lottato per la propria liberazione, è in grado di liberare un intero popolo.

Per questo negli Stati Uniti si celebrano i combattenti della guerra d'indipendenza e da noi i partigiani.
Il sangue versato per un popolo dovrebbe sigillare, marchiare a fuoco l'etica di un'intera nazione. La conquista, materiale, spirituale, civile, viene lasciata in eredità. E al sangue dei propri padri non ci si può sottrarre.
È un'eredità pesante, ma di cui essere fieri.

Lei stesso ha detto che avrebbe ringraziato Dio, se il sacrificio di Paolo fosse servito a dare una nuova vita all'Italia.

Ma troppo spesso ci troviamo a domadare a noi stessi se certi sacrifici non siano stati compiuti invano.

Per questo sono anche io spaventato da chi celebra l'eroe Mangano.
Perché costoro vogliono sovvertire, anzi, spazzare via l'etica fondatrice della Repubblica Italiana e fare dei suoi cittadini un popolo mafioso.

Un popolo che sostituisce ai valori di Libertà, Uguaglianza, Onestà e Dignità, il compromesso, l'omertà, il supruso, la schiavitù pavida.

Io non voglio smettere di sperare e spero di poter fare la mia parte.

Con profondissima stima,

Gianmaria"

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