Tuesday 2 September 2008

WUUUUAAAAAAALLIIIIII




Rispodno a questo post

Ci sono andato coi bambini.
Non i miei, non ne ho (ancora).
Quelli di mia cognata Ilse. E comincio a temere un futuro dove gli unici film che potrò andare a vedere al cinema sono questi. Oddìo, fossero tutti come WALL-E ci metteri la firma, la Pixar non si smentisce, ma a giudicare dai trailer che hanno preceduto il film... so che i principali dovere di un padre sono altri, ma non posso non pensare a come salvare mio figlio da High School Musical o Studio 100 (cosa sia Studio 100 ve lo racconto in una prossima puntata).

Allora, ma com'è questo WALL-E?
È bello. È bello perché è piuttosto coraggioso. È bello perché nonostante la tecnica impiegata si tratta di un film sulle cose semplici.
Il film è tutta regia, tanto che la sceneggiatura, pur ben scritta, non si riscatta da alcuni prevedibili sviluppi e alcuni clichés piuttosto "convenienti".

Il piccolo robot WALL-E non parla, ma emette pigoli e suoni à la C1-P8.
Non sorprende che dietro alle "voce" di WALL-E ci sia lo stesso Ben Burtt, geniale sound designer e ideatore del panorama delle mitiche Guerre Stellari.
WALL-E risponde a tutte le caratteristiche di "cuteness" necessarie, braccine corte, occhioni grandi, corpo tozzo. Guardatelo bene e capirete che il modello non è Nr.5 di Corto Circuito(come sospettato da molti a causa di alcune innegabili somiglianze), ma lo spielberghiano ET.

Mi levo il cappello di fronte ad una incredibile squadra di animatori in grado di rendere espressivo un blocco di figure geometriche.
La regia ci regala momenti enormi fatti con piccole cose, la scoperta di un giocattolo, due personaggi che fanno conoscenza e continuando a ripetere solo i propri nomi (WWWUUAAAALIIII) e soprattutto, il sospiro per una mano tenuta nella mano.

Non scherzo, da questo pnto di vista siamo dalle parti di Chaplin: un cinema muto e magico in grado di apmlificare pochi gesti semplici, nello stesso modo in cui nel film una lente di ingrandimento ingigantisce il piccolo schermo di un iPod, dove scorrono le immagini di Hello Dolly.


Il realismo delle prime immagini del film hanno fatto chedere alla mia nipotina di stare ancora assistendo a una pubblicità o al trailer di un altro film live action.


In breve: WALL-E è l'ultimo robot sulla terra. È stato dimenticato acceso apparentemente e continua il suo lavoro di compattare rifiuti e la sua unica compagnia è uno scarafaggio. Durante le sue ripetive giornate ha sviluppato una naturale curiosità per gli oggetti che lui trova interessanti.
Tra questi un bel giorno trova una pianta: segno che la terra, abbandonata dall'uomo, sta timidamente tornando verde tra le montagne di rifiuti che la ricoprono.
EVE è uno/a dei tanti scout che vengono regolarmente mandati in ricognizione dalla nave dove l'umanità vive da 700 anni. Lo scopo dei Robot EVE è di controllare quando sarà possibile ricolonizzare il loro pianeta d'origine, nel frattempo dimenticato.

La storia procede come ci si aspetterebbe, WALL-E si innamora, ma l'oggetto del suo amore viene portato via (EVE ha preso la pianta trovata da WALL-E: quello era lo scopo della miassione)

WALL-E innamorato segue EVE fin sull'astronave Axiom dove gli uomini vivono un felice ma abulico esilio.

Qui si scopre che il computer di navigazione (in realtà vero comandante della nave spaziale in barba ad un pacioso capitano) non ha intenzione di tornare sulla terra.

Perchè? Perché un messaggio segreto lasciato dal costruttore della nave solo alcuni mesi dopo la partenza della Axiom ci informa che la Terra non ha speranza di essere sanata (e come non pensare al famoso messaggio segreto di 2001?)

Questo è oltretutto il punto che meno mi ha convinto: il fatto che il film abbia bisogno di un antagonista per mettere i bastoni tra le ruote.)

Il computer di bordo non accetta che si faccia diversamente e cerca di impedire il ritorno a casa. Che puntualmente avviene entro il finale. WALL-E sembra morto... no non lo è, ma ha perso la memoria e con lei l'amore che nel frattmepo EVE ha imp... no, ovviamente, WALL-E recupera la memoria e tutti vivono felici e contenti.

Semplice no? Quasi banale.
Il film si riscatta perchè riempie questa storia prevedibile di tanti piccoli/grandi momenti e alcune salutari riflessioni sulla civiltà (o inciviltà) del consumo.

E qui forse giace il vero problema del film.
È accettabile che sia la Disney, la stessa dei parchi di divertimento e del merchandise a tappeto, a farci la morale sulle nostre abitudini di consumo?
Sono certo che gli autori del film avessero le migliori intenzioni, ma nei fatti si tratta di ipocrisia.

Per concludere: le musiche di Thomas Newman. SPLENDIDE. Complice la natura "muta" del film, il compositore si dispiega in quello che forse è il suo lavoro migliore. Varipinto, delicato oppure altisonante all'occorrenza.
(Non che il compositore dovesse dimostrare qualcosa, la sua precedente prova Pixar, Finding Nemo, l'ottimo Angels in America, The Good German mi avevano già conquistato.)

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