Una pagina al giorno, diceva il grande Akira Kurosawa (che io però conosco pochissimo e che dovrei studiarmi) e in un anno avrete una sceneggiatura di 365 pagine.
Non si può controbattere ad un'argomentazione così valida.
Allora questo sarà il mio diario. Si dice che aiuti tenere un diario quando si lavora a qualcosa.
Se tutto procede come deve, tra due settimane avrò il primo blocco.
La prima pagina è stata facile. La avevo già. Nella mia testa è anche già disegnata, in buona parte. Aiuta il fatto che mezza di questa pagina è semplicemente un "master shot", ma poi seguono altre quattro vignette, quindi come media siamo a posto.
Sono contento di essere siuscito a mantenere i dialoghi al minimo (non sono neanche dialoghi, sono frasi). E credo che la chiusura sul primo piano rabbioso di un carabiniere prometta bene.
Ho ancora un dubbio sull'unica ddascalia. Vorrei toglierla. Potrei sostituirla con un balloon di pensiero, ma il problema rimane. Vorrei fare completamente a meno delle dida (e delle nuvole di pensiero) per poter giocare più col NON ESPLICITO (o SUBTEXT come dice il grande Mystery Man), ma alle volte sono così efficaci per fornire una specifica informazione al momento giusto che non vorrei inutilmente chiudermi in un angolo. Il fumetto è letteratura e la parola scritta in dida ha un altro peso della famosa "voce off".
Al momento di disegnare, pure nella semplificazione alla Toth/Canniff/Pratt, devo stare attento che alcuni dettagli siano perfettamente chiari, come le tute o i cornetti, altrimenti non funziona.
Per il resto: Chiara M e Sergio N sono stati di grandissimo aiuto e grazie a loro mi sento di cominciare. Chiara mi ha messo un po' in difficoltà, ma non credo che la realtà delle redazioni ponga problemi alla storia, devo solo rivedere alcune delle mie idee ma la sostanza è intatta.
Sergio invece mi ha fatto capire che la mia idea per le tessere telefoniche regge senza problemi.
Poi va bé, mi ha raccontato del film Là-Bas e mi sono girate le palle.
Ancora un po' e anche un fumettista mi batterà sul tempo.
Cazzo.
Se non avete capito di che parlo, meglio. Comunque su quest pagina c'è poco da dire, è filata via liscia come l'olio.
Thursday, 22 September 2011
Wednesday, 7 September 2011
Ben l'Oncle Soul
Mi permetto di portare all’attenzione dei miei lettori (cioé nessuno) questo disco del 2010 dell’artista francese Ben l’Oncle Soul.
Forse non l’ho mai confessato apertamente a nessuno, ma sono un grande ammiratore della musica Soul. Non a caso The Blues Brothers e the Commitments sono tra i miei film preferiti, e potreste regalarmi qualsiasi cosa uscita per la Stax, la Motown o la Atlantic negli anni '60 e non sbagliereste.
Eppure nell’ondata "motown revival" che ha seguito il successo della buonanima di Amy Winehouse, questo disco è forse una delle poche che mi sento di salvare davvero.
Sia inteso, non sono né un esperto di musica né tantomeno un ascoltatore avidissimo di pop, quindi questo revival può aver fornito di fatto validissime prove di cantanti o gruppi che mi sono perso, ma se devo basarmi su quello che passano le radio commerciali, allora penso di avere ragione.
Il disco (prodotto dalla filiale francese della celeberrima Motown, non di meno) è piuttosto generoso, ben 16 brani.
Canzoni in inglese si alternano a pezzi in francese, dando al disco un gusto sufficentemente eclettico anche se, con l’esclusione della cover di Seven Nation Army (brano che ha portato questo Artista all’attenzione del grande pubblico la scorsa estate) il disco sembra uscito direttamente dagli anni ’60(divertente anche il design interno e il look dei video, assolutemente vintage)
C’è dentro un po’ di tutto: dai Temtation a Sam Cooke, passando per Otis Redding e il sound della Stax. L’esecuzione dei numerosi musicisti è impeccabile, ma a brillare è soprattutto il cantante Benjamin Duterde, soave ed insieme energico al punto giusto, capace di interessanti modulazioni senza cadere nella facile trappola dei gorgheggi fini a se stessi.
Posto questo brano Petite Soeur, che me lo ha fatto scoprire e spinto a comprare il CD, consigliatissimo.
Forse non l’ho mai confessato apertamente a nessuno, ma sono un grande ammiratore della musica Soul. Non a caso The Blues Brothers e the Commitments sono tra i miei film preferiti, e potreste regalarmi qualsiasi cosa uscita per la Stax, la Motown o la Atlantic negli anni '60 e non sbagliereste.
Eppure nell’ondata "motown revival" che ha seguito il successo della buonanima di Amy Winehouse, questo disco è forse una delle poche che mi sento di salvare davvero.
Sia inteso, non sono né un esperto di musica né tantomeno un ascoltatore avidissimo di pop, quindi questo revival può aver fornito di fatto validissime prove di cantanti o gruppi che mi sono perso, ma se devo basarmi su quello che passano le radio commerciali, allora penso di avere ragione.
Il disco (prodotto dalla filiale francese della celeberrima Motown, non di meno) è piuttosto generoso, ben 16 brani.
Canzoni in inglese si alternano a pezzi in francese, dando al disco un gusto sufficentemente eclettico anche se, con l’esclusione della cover di Seven Nation Army (brano che ha portato questo Artista all’attenzione del grande pubblico la scorsa estate) il disco sembra uscito direttamente dagli anni ’60(divertente anche il design interno e il look dei video, assolutemente vintage)
C’è dentro un po’ di tutto: dai Temtation a Sam Cooke, passando per Otis Redding e il sound della Stax. L’esecuzione dei numerosi musicisti è impeccabile, ma a brillare è soprattutto il cantante Benjamin Duterde, soave ed insieme energico al punto giusto, capace di interessanti modulazioni senza cadere nella facile trappola dei gorgheggi fini a se stessi.
Posto questo brano Petite Soeur, che me lo ha fatto scoprire e spinto a comprare il CD, consigliatissimo.
Monday, 5 September 2011
Michela Da Sacco: Alex Toth aveva ragione
Michela Da Sacco: Alex Toth aveva ragione: "Elimina quello che è superfluo e non necessario (BE LAZY)" "Rendi tutto credibile" "Impara come una cosa è costruita e non avrai difficol...
Subscribe to:
Posts (Atom)